La bella economia

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L’economia italiana non gode affatto di buona salute: scandali finanziari, manager super pagati, “figli di papà” collocati imprudentemente ai posti di comando, dirigenti d’azienda privi di una solida cultura generale. Urge una radicale inversione di rotta e recuperare sobrietà. Ma l’economia sarà in grado di ritrovare una dimensione etica e, in senso allargato, la sua originaria bellezza? E cosa si intende quando si parla di bellezza applicata all’economia? È evidente che non ci si riferisce soltanto a settori produttivi quali moda, design, turismo, quanto piuttosto alla valorizzazione del lato umano della disciplina: operazione possibile solo se si esce, finalmente, dagli schemi chiusi dell’homo oeconomicus grezzo ed egoista in cui l’hanno relegata tanti manager, imprenditori, banchieri, giornalisti approssimativi. Quegli stessi meccanismo che hanno finito col rendere l’economia una “scienza triste”, secondo la definizione del filosofo scozzese Thomas Carlyle. Solo così i suoi protagonisti ritroveranno il gusto di interrogarsi, senza dogmatismi e con specchiata onestà intellettuale, sui nuovi orizzonti di senso dell’economia. Come auspica anche la Confindustria, infatti, si dovrebbe ripensare alla “necessità di un cambio di mentalità e di nuove politiche culturali per le imprese, di nuove “parole chiave” da sviluppare». È proprio in questa direzione che Francesco Maggio, economista esperto di non profit e di finanza etica, concentra la sua riflessione, delineando quale nuovo e decisivo ruolo spetti oggi alle imprese italiane.

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Francesco Maggio

Economista e giornalista, da molti anni insegna e scrive sulle dinamiche alla base dei rapporti tra etica, economia e società civile. Autore di numerosi saggi, ha pubblicato, tra l’altro, Nonprofit (con Gian Paolo Barbetta, il Mulino, 2002), con il quale ha vinto il premio Ape 2003 ed Economia inceppata (Donzelli, 2004).

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